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Immagine del redattoreMonica Pasero

Intervista al poeta, Antonio Spagnuolo 


 

 

 

 




Ho appreso il canto argentato della sera

con la semplice follia delle mie nostalgie

ricamate con fili d’argento

alle pareti.

Ripetono un sussurro fianco a fianco

nel tepore della malinconia,

tra le porte che si affacciano sul nulla

e gli armadi ormai vuoti.

Fra la nuda verità che si attorciglia

su sé stessa

e il profilo che esclude confini

riprender fiato è come spaccare il cuore.

Futili Arpeggi. A. Spagnuolo

 

 

 

 


L’essere umano ha bisogno di equilibrio e spesso lo crea come un ponte tra la sua professione e le sue innate passioni. L’ospite di oggi ha svolto la professione di medico chirurgo, medico di famiglia, per lungo tempo; e si sa che quando parliamo di scienza, ci poniamo su basi realistiche, provabili ed è la parte razionale che domina il percorso del nostro ospite; nuove scoperte e prove oggettive.

Ma l’essere umano non vive solo di razionalità: ha bisogno di una parte più leggera che sfugga al quotidiano, che riequilibri e alleggerisca il cuore…  e qui nasce il connubio tra la sua parte scientifica, legata alla professione, e la sua parte più intima che sfocia nell’irrazionale, immergendosi nel mondo arduo e infinito della poesia.

 

E l’ospite di oggi non si è certo risparmiato nel comporre. Ne ha fatta di strada dal lontano 1953 quando fece i primi passi pubblicando la sua prima silloge: “Ore del tempo perduto” - Intelisano – Milano.  Di cui ricevette il plauso di Umberto Saba.

Da allora la sua produzione letteraria è cresciuta e, come un fiume in piena, ha invaso i suoi giorni tra versi e nuove liriche. A oggi conta oltre 40 volumi poetici più altri in prosa e alcuni volumi per il teatro. 

La poesia è divenuta talmente parte integrante della sua vita che oltre a comporre ha fondato alcune riviste culturali tra cui ricordo: Prospettive culturali”, alla quale hanno collaborato firme autorevoli. Ha fondato e diretto la rivista “Iride”.  In seguito ha fondato e diretto la collana: “L’assedio della Poesia” (dal 1991 al 2006). Pubblicando autori di interesse nazionale come Gilberto Finzi, Gio Ferri, Giorgio Bàrberi Squarotti, Massimo Pamio, Ettore Bonessio di Terzet, Giuliano Manacorda, Alberto Cappi, Dante Maffia e altri. 

Attualmente dirige la collana "Frontiere della poesia contemporanea" per “La valle del tempo” editrice, e la rassegna” poetrydream sul web; inoltre presiede il premio “L’assedio della poesia 2020”.

Oltre alla sua ricca produzione letteraria, non sono mancati i riconoscimenti che negli anni sono stati davvero tanti! Ricordo tra i più recenti: il Premio “Libero de Libero 2017” – Premio “Salvatore Cerino 2018” --Premio “L’arte in versi 2018” -- Menzione speciale al premio “Aoros 2017” - Lauro d’oro alla carriera “Premio città di Conza 2017” - Premio “N. e C. Di Nezza” Isernia 2018 -. “Premio all’Eccellenza 2019” – Roma. Premio Silarus 2020 – Premio speciale “Lettera d’amore 2021” – Premio speciale “Tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo ris” 2021.- Premio Emily Dickinson 2022. Premio Eccellenza alla cultura 2022., rumeno, arabo, turco.

 

Di lui hanno scritto numerosi autori fra i quali Umberto Saba, A. Asor Rosa che lo ospita nel suo "Dizionario della letteratura italiana del novecento" e nella “Letteratura italiana” edizioni Einaudi , Carmine Di Biase nel volume "La letteratura come valore", Matteo d'Ambrosio nel volume "La poesia a Napoli dal 1940 al 1987", Gio Ferri nei volumi "La ragione poetica" e "Forme barocche della poesia contemporanea",  Stefano Lanuzza nel volume "Lo sparviero sul pugno",  Felice Piemontese nel volume "Autodizionario degli scrittori italiani" , Corrado Ruggiero nel volume "Verso dove", Alberto Cappi nel volume "In atto di poesia", Ettore Bonessio di Terzet nel volume "Genova-Napoli due capitali della poesia", Dante Maffia nel volume “La poesia italiana verso il nuovo millennio”, Sandro Montalto in “Forme concrete della poesia contemporanea” e “Compendio di eresia”, Ciro Vitiello nel volume “Antologia della poesia italiana contemporanea”, Plinio Perilli in “Come l’ombra di una nuvola sull’acqua”, Carlo Di Lieto in “La bella afasia” , Mario Fresa nel suo “Dizionario critico della poesia italiana”, oltre a D. Rea, M. Pomilio,D. Cara, G. Linguaglossa, M. Lunetta, G. Manacorda , Gian Battista Nazzaro , G. Panella, Nazario Pardini, Ugo Piscopo, G. Raboni , Enzo Rega, Carlangelo Mauro, Silvio Perrella, Annella Prisco, e molti altri .

 

Oggi ospito un uomo, un Poeta con la P maiuscola ed è davvero un onore per me averlo qui.

Alla domanda perché si scrive poesia lui risponde: Perché si scrive poesia?    Si scrive ancora poesia perché il processo di trasformazione generazionale va compiuto con la consapevolezza che siamo coinvolti sempre in un processo che fermenta, nel principio di uno sconvolgimento che non trova mai una conclusione attraver­so i decenni e diviene tensione, tono, lacerazione, nel movimento appena accennato della danza…”. E io una domanda a tal proposito l’ho già pronta.

Leggete l’intera intervista su @Screpmagazine

 

Innanzitutto la ringrazio di essere qui e le chiedo, inizia a scrivere giovanissimo, ricorda la sua prima composizione?


Ringrazio sentitamente per questa occasione, che ci permette di parlare finalmente di poesia. Ho iniziato a scrivere giovanissimo perché sin da bambino ho ammirato e letto le vignette del famoso “Corriere dei piccoli”, che erano scritte sempre in endecasillabi. L’endecasillabo è stato sin da allora una specie di musica per il mio orecchio ed il primo tentativo di scrittura sinceramente non lo ricordo, perduto ormai chissà dove. Posso solo riandare al mio primo volumetto “Ore del tempo perduto” del 1953, il quale inaspettatamente ricevette l’elogio di Umberto Saba, del quale conservo gelosamente la lettera.


A quale autore si sente più affine?

 

La risposta non è semplice perché io ho attraversato varie esperienze di scrittura ed ho letto decine e decine di volumi. Diciamo che i miei primi passi vedono l’influsso di Gabriele D’Annunzio, autore che ho amato ai tempi del liceo. Passato poi tra le esperienze del futurismo, dell’ermetismo, della sperimentazione, la mia produzione attuale è discretamente plasmata nel più dicibile. Attualmente mi sento molto vicino a Pablo Neruda. 

 

Il mondo della poesia la porta a divenire lei stesso ideatore di collane poetiche come “L’assedio della Poesia”, dove ha potuto constatare con mano il lavoro editoriale, tra gli autori pubblicati quale ricorda con più entusiasmo?

 

Io ho fondato e diretto diverse riviste tra le quali la più famosa “Prospettive culturali”, tra gli anni 60 e 80 dello scorso secolo, e la collana di volumi “L’assedio della poesia” tra gli anni 80 e 90. Molti gli autori ospitati, da Domenico Rea a Mario Pomilio, a Michele Prisco a Stelio Maria Martini, a Giovanni Raboni e altri. L’autore che ricordo con grande piacere è Gilberto Finzi, perché fu simpaticissimo amico e uomo dall’intelletto luccicante. Attualmente dirigo con grande successo la collana “Frontiere della poesia contemporanea” per la editrice “La valle del tempo”.

J

Jorge Louis Borge diceva: “Ogni poesia è misteriosa. Nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere”. Nel suo comporre non si è mai chiesto se ciò che fuoriuscisse dalla sua penna fosse davvero suo o provenisse da qualcosa di più grande?

 

Assolutamente preziosa la scrittura in versi e le composizioni sono sempre una esplosione del bagaglio culturale che portiamo dentro. Non mi sono mai posto questa domanda perché ho sempre inseguito la mia personale ricerca della parola, fuori da vincoli di scuole o correnti, anche se sicuramente l’eco delle poesie lette e rilette comportano un delicato involontario esprimersi del ritmo.


Quanto la sua attività professionale, spesso a contatto con la sofferenza, ha influito nel suo comporre?


La mia lunghissima attività di medico è cresciuta di pari passo con la mia passione per la scrittura. Il contatto umano e la capacità spiccata di saper ascoltare hanno positivamente influito nel mio comporre. Del resto lo studio della “Medicina” è una materia umanistica, e le varie esperienze quotidiane hanno inciso sui miei versi. Da sottolineare che nel mio tempo dell’ermetismo moltissimi vocaboli scientifici sono scesi in campo sulla pagina, creando componimenti affascinanti.


 La sua produzione letteraria è davvero vasta, mi soffermo sui Titoli delle sue sillogi; tutti davvero interessanti, e mai scontati. E questo mi fa presupporre una cura del dettaglio non indifferente. Prendo ad esempio: “Ricami dalle frane” – Oedipus 2021, (silloge vincitrice del premio Emily Dickinson 2022) ha un titolo davvero interessante e mi fa pensare alla speranza: la frana intesa come disfacimento, crollo di un sogno, il ricamo come quel piccolo segno che la bellezza si possa ricostruire ovunque. Una sua considerazione.

 

Effettivamente io curo molto il dettaglio della “parola”. Mi dedico sempre alla scelta del simbolo e del segno perfetto, possibilmente musicale. Va benissimo la sua interpretazione del titolo “Ricami dalle frane”. Mi hanno chiesto più volte anche una interpretazione del titolo del penultimo volume: “Riflessi e velature”- Bene: “Riflessi” come nello specchio il ritorno dei ricordi più cari di un tempo trascorso, memoria indelebile, e “velature” è la tecnica che usano i pittori per ravvivare i colori opacati dalla corrosione.


In "Ritmi del lontano presente" Massimo Pamio prende in esame le sue opere edite tra il 1974 e il 1990. Plinio Perilli con il saggio “Come l’ombra di una nuvola sull’acqua” (Ed. Kairos 2007) rivisita gli ultimi volumi pubblicati fra il 2001 e il 2007. Molti si sono interessati alle sue opere, qual è stata la considerazione o critica fatta sulla sua scrittura che ricorda sempre con un sorriso?


Fortunatamente la mia poesia ha suscitato spesso l’interesse degli addetti ai lavori. Oltre ai due saggi che ha nominato ho ricevuto molti interventi che restano nella storia della letteratura. Brevi saggi e recensioni riportate in volumi di critica letteraria. L’ultimo saggista che mi segue con particolare cura è il professore Carlo Di Lieto che ha individuato nella mia scrittura quella vena che si ricama nello esplodere del sub conscio, rilevando tragitti psicoanalitici e sottofondi filosofici.

 

Oltre alla poetica si è cimentato anche nella prosa, ricordo il suo romanzo “Un sogno nel bagaglio” –Manni ed. Lecce – 2006. Bàrberi Squarotti su questa sua opera scrisse: “Una originalità del discorso che è narrativo e meditativo, visionario e puntualmente descrittivo”. Si ritrova in queste sue parole?


Sinceramente non amo molto la prosa romanzo, infatti le mie scelte di lettura si realizzano per lo più con i libri di saggistica. Ho scritto alcuni romanzi soltanto per dimostrare a me stesso che la sfida con la pagina è una sfida che si può affrontare con intelligenza e preparazione.


Per i giovanissimi. Come incentivarli alle letture poetiche. Quali autori preferire?


 Penso che questo sia un compito della scuola, a partire già dalla scuola elementare, proponendo filastrocche e canti popolari, per avvicinare il giovane al ritmo del verso. Poi compito dei genitori privilegiati che abbiano un bagaglio culturale adeguato, proponendo la lettura di poesie e inculcando la necessità di mandarle a memoria. Quali autori preferire? Tutti gli autori storicizzati! Ma prima e immancabile conoscenza sia l’Inferno di Dante, prezioso contenitore di armoniosi endecasillabi.


È uscita da poco la sua nuova raccolta poetica: “Futili Arpeggi” Valle tempo Editore, in cui è presente un saggio critico di Carlo di Lieto. “La poesia diviene nel ritmo la tappa dell'informe che cerca la forma, del caos che cerca l'ordine, della speranza che cerca l'esperienza, dell'impossibile che cerca il possibile, semplicemente un messaggio in bottiglia che vive della speranza di un possibile dialogo differito nel tempo”. Le va di approfondire con noi questo suo pensiero.


Io sono convinto che il verso è custodito già misurato nel nostro sub conscio. I sentimenti che si nutrono del “bello” si servono man a mano del razionale per esprimersi nella parola. La lacerazione emozionale del soggetto apre allora quel cestello di impulsi concentrati in un crogiuolo inestimabile di desideri inappagabili, di illusioni transitorie, di preghiere sussurrate, di figurazioni colorate, di ideali compressi. L’ispirazione, quando esiste, si dilata partendo dalla magica sintesi del pensiero poetante per rovistare nello scrigno dell’inconscio.


Cosa pensa delle scuole di Poesia, Servono davvero?


Sono drastico! Non servono un tubo e sono lucciole che si accendono per turlupinare chi si illude di diventare poeta. Ricordi? “Poeta nascitur, orator fit”.


Quale secondo lei è la più bella poesia di tutti i tempi?


Domanda difficilissima e forse anche trabocchetto. Ci sono centinaia di poesie che hanno fatto da pietra miliare. Penso sempre che l’Inferno dantesco sia un monumento ineguagliabile.


Progetti futuri?


Alla mia veneranda età parlare di progetti futuri è un poco come voler azzardare una scommessa. Posso allora dire che continuo quotidianamente la mia ricerca della “parola”, dedicandomi alla esplosione del verso. Mi tiene sempre in viva programmazione il mio Blog “Poetrydream” dedicato alla poesia contemporanea e nel quale presento frequentemente giovani autori e libri appena editi.


E torniamo alla mia curiosità iniziale: alla domanda perché si scrive poesia lui risponde: “Si scrive ancora poesia perché il processo di trasformazione generazionale va compiuto con la consapevolezza che siamo coinvolti sempre in un processo che fermenta, nel principio di uno sconvolgimento che non trova mai una conclusione attraverso i decenni e diviene tensione, tono, lacerazione, nel movimento appena accennato della danza”. La poesia è allora una sorta di caos esistenziale che nel comporsi riporta ogni cosa al suo giusto posto?


La poesia cerca di ricomporre tutto quanto il caos determina negli animi degli umani, tentando un colloquio con il lettore per accompagnarlo nella verifica del pensiero e dei sentimenti. Molto spesso essa rimane un elegante soliloquio con il quale il poeta affronta le vertigini degli impulsi creativi, riuscendo a elevarsi verso il sublime che viene offerto dalle emozioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                        

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